Le origini del Presepe

In tutto il mondo durante il periodo natalizio, laddove i cristiani festeggiano l’incarnazione di Dio, esiste l’usanza di erigere presepi nelle case e nelle chiese. I presepi sono rappresentazioni artistico- figurative della nascita di Gesù nella mangiatoia di una stalla a Betlemme. Nella capanna vediamo la Sacra Famiglia e i pastori, sullo sfondo l’asino e il bue. L’adorazione dei saggi d’Oriente, i tre Re Magi, viene inclusa nel paesaggio il 6 gennaio. Gli evangelisti Luca e Matteo furono i primi a descrivere la storia dell’incarnazione di Cristo. È famoso il Vangelo di Natale di Luca, apparso nel secondo secolo dopo Cristo e poi divulgato nelle prime comunità cristiane. Già nel Quarto secolo troviamo a Roma (nelle catacombe) immagini della natività. L’origine esatta del presepio è difficile da definire, in quanto è il prodotto di un lungo processo. È storicamente documentato che già in tempo paleocristiano, il giorno di Natale nelle chiese venivano esposte immagini religiose, che dal decimo secolo assunsero un carattere sempre più popolare, estendendosi poi in tutta l’Europa. Comunemente il "padre del presepio" viene considerato San Francesco d’Assisi , poiché a Natale del 1223 fece il primo presepio in un bosco. Allora, Papa Onorio III, gli permise di uscire dal convento di Greggio, così egli eresse una mangiatoia all’interno di una caverna in un bosco, vi portò un asino ed un bue viventi, ma senza la Sacra Famiglia. Poi tenne la sua famosa predica di Natale davanti ad una grande folla di persone, rendendo così accessibile e comprensibile la storia di Natale a tutti coloro che non sapevano leggere. Nella Cappella Sistina della Chiesa di Santa Maria Maggiore a Roma, si può ammirare uno dei più antichi presepi natalizi. Fu realizzato in alabastro nel 1289 da Arnolfo da Cambio e donato a questa chiesa. Il presepio ha la forma di una casetta, in cui è rappresentata l’adorazione dei Re Magi. Si considerano precursori del presepio anche gli altari gotici intagliati con immagini della natività, che non fu possibile rimuovere. Uno di questi altari con il gruppo dei tre Re Magi si trova in Austria nella chiesa di S. Wolfgang nella regione di Salzkammergut. Questo altare venne realizzato dall’artista brunicense Michael Pacher. Un periodo fiorente di presepi fu il Barrocco. Prime notizie certe di presepi di chiese si rilevano dalla Germania meridionale quando, dopo la Riforma i Gesuiti riconobbero per primi il grande valore del presepio come oggetto di preghiera e di raccoglimento, nonché mezzo di informazione religiosa. I Gesuiti fecero costruire preziosi e fastosi presepi, tanto che quest’usanza si estese velocemente nelle chiese di tutta Europa cattolica, finché ogni comune volle un presepio in ogni chiesa. Baluardi delle costruzioni dei presepi in Europa divennero l’Italia, la Spagna, il Portogallo e il Sud della Francia. Nell’Europa dell’Est la Polonia, la Repubblica Ceca e la Slovacchia, in centro Europa soprattutto l’Austria ed il Sud della Germania. L’arte dei Presepi visse un periodo aureo nel 18osecolo, quando si cominciò ad ampliare e completare la storia di Natale con stazioni ed episodi, sia nei presepi delle chiese e dei castelli, sia nelle case della gente comune. Nel museo di Bressanone è possibile ammirare il più famoso di questi "presepi annuali" composto da più di 4000 figure, realizzato da Augustin Propst e dal suo fratellastro Josef, di Vipiteno. Nel Museo Diocesano di Bressanone troviamo anche l’altrettanto famoso Presepio Nißl, composto da 500 figure e realizzato dal figlio contadino-scultore Franz Xaver Nißl (1731-1804) originario della Zillertal. Le figure, estremamente espressive, sono esposte in sedici grandi vetrine; sette mostrano scene di Natale con i tre Re Magi, nove il ciclo della Quaresima. Questo presepio, unico e di altissimo valore, è oggi proprietà della chiesa parrocchiale di San Giovanni in Valle Aurina. La fine del 18osecolo fu contrassegnata dall’ Illuminismo e dalla Secolarizzazione. In alcuni luoghi vennero vietati i presepi: soprattutto in Baviera si dovettero eliminare tutti i presepi dalle chiese, e furono portati nelle case contadine per evitarne la distruzione. La conseguenza fu che nei contadini crebbe l’interesse per l’arte raffinata dei presepi, così che essi stessi cominciarono ad intagliare le figure. Fino alla metà del 19o secolo preferivano sfondi con paesaggi di montagna; dalla seconda metà del secolo invece acquistò sempre di più interesse il presepio orientale. A cavallo dei due secoli diminuì sensibilmente l’interesse per i presepi, ma ci furono dei collezionisti che impedirono che molte rappresentazioni andassero irrimediabilmente perdute. Ne fu un esempio Max Schmederer, consigliere di commercio di Monaco, che raccolse presepi di tutto il mondo e lasciò in eredità ai suoi posteri una delle più grandi collezioni di presepi del mondo, che oggi è possibile ammirare al Museo Nazionale di Monaco di Baviera. Ai nostri giorni è cresciuto notevolmente l’interesse per i presepi, come dimostrano le società dei presepi, fondate un pó ovunque.

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L’Albero di Natale.

Quella dell’albero di natale è, con il presepe, una delle più diffuse tradizioni natalizie. Si tratta in genere di un abete (o altra conifera sempreverde) addobbato con piccoli oggetti colorati, luci, festoni, dolciumi, piccoli regali impacchettati e altro. Può essere portato in casa o tenuto all’aperto, e viene preparato qualche giorno (o qualche settimana) prima di Natale, e rimosso dopo le feste. Soprattutto se l’albero viene collocato in casa, è tradizione che ai suoi piedi vengano collocati i regali di Natale impacchettati, in attesa del giorno della festa in cui potranno essere aperti. Periodo Diverse nazioni hanno diverse tradizioni circa la data o il periodo in cui l’albero dovrebbe essere addobbato e dismesso. La tradizione più antica fra quelle direttamente riconducibili all’uso moderno prevedeva probabilmente che l’albero fosse addobbato il 24 dicembre e rimosso all’epifania; in seguito il periodo si è notevolmente allungato. Gli esercizi commerciali, in particolare, spesso iniziano a esibire alberi di Natale addobbati già a ottobre. In generale, nella maggioranza delle regioni italiane l’albero viene addobbato l’8 dicembre, giorno in cui si festeggia l’Immacolata Concezione. Tipi di alberi usati In genere l’albero di Natale è un abete o un pino, ma possono essere usati anche altri tipi di albero. Nel mondo moderno ha una grande diffusione (certamente preponderante nel mondo occidentale) l’uso di alberi artificiali. Oltre a risultare più economici e pratici (sebbene evidentemente meno poetici), gli alberi artificiali possono essere l’unica soluzione per coloro che soffrono di allergia alle conifere. Esistono alberi artificiali di tutte le dimensioni, da quelli con proporzioni realistiche a quelli "da tavolo" (di poche decine di centimetri d’altezza). Ornamenti Fra gli ornamenti più diffusi con cui addobbare gli alberi di Natale si possono citare le caratteristiche palline (in realtà non sempre sferiche: ne esistono innumerevoli varianti, per esempio coniche, a forma di campanella, di pigna e così via), realizzate in vetro soffiato o altri materiali generalmente ricoperti da una vernice colorata e riflettente, o spruzzate d’argento, oro, o bianco. Spesso si usano anche fiocchi colorati di tessuto; sono molto diffusi i festoni e i fili perlati. File di miniluci elettriche hanno progressivamente sostituito nel Novecento l’uso di candele posizionate sui rami; sono di solito colorate o intermittenti, e tendono a ricordare luci fatate (specialmente se la loro luce è diffusa dai festoni o dalle altre decorazioni, o dai rami stessi dell’albero). Fra i gadget in commercio già da diversi anni, si stanno diffondendo le file di luci elettriche musicali, che riproducono, talvolta in sincronia con l’intermittenza, tradizionali musiche natalizie come Jingle Bells o Bianco Natale. La cima dell’albero è in genere arricchita da un puntale, in genere simile alle palle per colore, materiale e tipo di decorazioni, talvolta a forma di stella, con riferimento alla stella cometa). Alcuni spruzzano i rami dell’albero con diversi generi di neve artificiale. Fra le decorazioni meno comuni, ma dotate di una certa tradizione, si possono ricordare: la frutta secca; certi tipi di frutta colorata come le arance; i biscotti allo zenzero; le decorazioni in pasta di sale o marzapane; piccoli personaggi (Babbo Natale, angeli, renne e così via), o giocattoli. Evidentemente non vi è alcun limite alla creatività di chi addobba l’albero, che può quindi essere, pur nella tradizione, estremamente "personale". Non è inconsueto, per esempio, che oggetti dotati di un forte valore emotivo (per esempio donati da persone care) vengano collocati in particolari "posizioni d’onore" sull’albero, a prescindere da considerazioni strettamente estetiche. Fra i colori più tradizionali delle decorazioni natalizie si devono probabilmente citare il rosso, l’oro e il blu, ma tutti i colori sono ammessi e utilizzati (anche il nero). Storia image L’immagine dell’albero (specialmente sempreverde) come simbolo del rinnovarsi della vita è un tradizionale tema pagano, presente sia nel mondo antico che medioevale e, probabilmente, in seguito assimilato dal Cristianesimo. La derivazione dell’uso moderno da queste tradizioni, tuttavia, non è stato provato con certezza. Sicuramente esso risale almeno alla Germania del XVI secolo. Ingeborg Weber-Keller (professore di etnologia a Marburgo) ha identificato, fra i primi riferimenti storici alla tradizione, una cronaca di Brema del 1570, secondo cui un albero veniva decorato con mele, noci, datteri e fiori di carta. La città di Riga è fra quelle che si proclamano sedi del primo albero di Natale della storia (vi si trova una targa scritta in otto lingue, secondo cui il "primo albero di capodanno" fu addobbato nella città nel 1510). Precedentemente a questa prima apparizione "ufficiale" dell’albero di natale si può però trovare anche un gioco religioso medioevale celebrato proprio in Germania il 24 dicembre, il "gioco di Adamo e di Eva" (Adam und Eva Spiele), in cui venivano riempite le piazze e le chiese di alberi di frutta e simboli dell’abbondanza per ricreare l’immagine del Paradiso. Successivamente gli alberi da frutto vennero sostituiti da abeti poiché quest’ultimi avevano una profonda valenza "magica" per il popolo. Avevano specialmente il dono di essere sempreverdi, dono che secondo la tradizione gli venne dato proprio dallo stesso Gesù come ringraziamento per averlo protetto mentre era inseguito da nemici. Non a caso, sempre in Germania, l’abete era anche il posto in cui venivano posati i bambini portati dalla cicogna. L’usanza, originariamente intesa come legata alla vita pubblica, entrò nelle case nel XVII secolo ed agli inizi del secolo successivo era già pratica comune in tutte le città della Renania. L’uso di candele per addobbare i rami dell’albero è attestato già nel XVIII secolo. Per molto tempo, la tradizione dell’albero di Natale rimase tipica delle regioni a nord del Reno. I cattolici la consideravano un uso protestante. Furono gli ufficiali prussiani, dopo il Congresso di Vienna, a contribuire alla sua diffusione negli anni successivi. A Vienna l’albero di Natale apparve nel 1816, per volere della principessa Henrietta von Nassau-Weilburg, ed in Francia nel 1840, introdotto dalla duchessa di Orléans. A tutt’oggi, la tradizione dell’albero di Natale, così come molte altre tradizioni natalizie correlate, è sentita in modo particolare nell’Europa di lingua tedesca (si veda per esempio l’usanza dei mercatini di Natale), sebbene sia ormai universalmente accettata anche nel mondo cattolico (che spesso lo affianca al tradizionale presepe). A riprova di questo sta anche la tradizione, introdotta durante il pontificato di Giovanni Paolo II, di allestire un grande albero di Natale nel luogo cuore del cattolicesimo mondiale, piazza san Pietro a Roma. Nei primi anni del Novecento gli alberi di Natale hanno conosciuto un momento di grande diffusione, diventando gradualmente quasi immancabili nelle case dei cittadini sia europei che nordamericani, e venendo a rappresentare il simbolo del Natale probabilmente più comune a livello planetario. Nel dopoguerra il fenomeno ha acquisito una dimensione commerciale e consumistica senza precedenti, che ha fatto dell’albero di Natale un potenziale status symbol e ha dato luogo, insieme alle tradizioni correlate, alla nascita di una vera e propria industria dell’addobbo natalizio.

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Le origini del Pandoro

Diverse sono le credenze circa la nascita del Pandoro, il dolce veronese che con il panettone si contende il titolo di dolce natalizio per antonomasia. Il nome pandoro descrive alla perfezione il colore della pasta, il giallo oro, conferitogli dalle uova. Leggero e soffice, come la pasta brioche, ha un sapore delicato e leggermente profumato di vaniglia. Qualcuno ne fa risalire la nascita nella Repubblica Veneta del ‘500, quando si servivano, nelle ricche tavole, dolci di forma conica, ricoperti da foglie d’oro, chiamati appunto "Pan de Oro". Secondo altri l’origine deriva da un antico dolce, a forma di stella, che i veronesi consumavano a Natale: il “nadalin”. D’altra parte le caratteristiche che accomunano il pandoro e la "brioche" francese fanno pensare ad origini ben più lontane: la fonte più antica risale addirittura al primo secolo dopo Cristo, ai tempi di Plinio quando si cita un pane preparato con fiori di farina, burro e olio.

 La versione più recente sull’origine del pandoro lo lega invece alla Casa Reale degli Asburgo, sicuramente fin dal ‘700-‘800 erano note le due tecniche del croissant e del "Pane di Vienna" che sono rimaste alla base della preparazione del pandoro. In particolare la lavorazione della "brioche" francese consisteva nell’alternare due o tre fasi d’impasto con pause di lievitazione, mentre quella del "Pane di Vienna" prevedeva di completare l’impasto aggiungendo una maggiore dose di burro con il sistema della pasta sfoglia, dove diversi strati di pasta vengono alternati a strati di burro, con il risultato che durante la cottura il dolce acquista volume.

Siamo dunque incerti sull’ origine del Pandoro ma…certi della sua bontà! … e se volete strafare provate a farcirlo con una crema al mascarpone!! (basta montare 1 tuorlo con dello zucchero a velo ed infine amalgamare il mascarpone)

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Il Panettone.Generalità,Produzione,Storia

Il Panettone (in Insubre panetton grafia classica, panetùn altra grafia) è un tipico dolce milanese, associato alle tradizioni gastronomiche del Natale ed ampiamente diffuso in tutta Italia, nonostante sia un simbolo della gastronomia e della città di Milano.

Generalità Tipicamente ha una base cilindrica di 30 cm di altezza che termina in una forma a cupola. Basi ottagonali o a sezione a forma di stella sono più comuni per il pandoro. È ottenuto da un impasto lievitato a base di acqua, farina, burro, uova o anche tuorli, al quale si aggiungono frutta candita, scorzette di arancio e cedro in parti uguali, e uvetta. Si serve normalmente a fette tagliate verticalmente, accompagnato con del vino dolce, come lo spumante o il moscato, o con delle bevande calde come caffè e cioccolato. Oggi il Panettone è un dolce tipico Italiano tutelato dal D.M. 22-07-2005 che ne specifica gli ingredienti e le percentuali minime per poter essere definito tale.

Produzione La produzione di panettoni del 2003 è stata di oltre 51.000 tonnellate, delle quali circa il 10% di produzione artigianale. Varianti L’industria ed i laboratori artigianali, specialmente in questi ultimi anni, hanno proposto numerose variazioni sul tema "panettone": glassato, senza canditi o uvetta, ripieno di crema, gelato o cioccolato per citare solo le più apprezzate. Viene anche esportato come dolce simbolo del Natale in moltissimi paesi. Alcuni addirittura hanno delle buone produzioni "nazionali" come in particolare il Brasile, Il Perù, il Cile, l’Argentina ma anche in Venezuela, in USA, in Canada ed in Spagna[senza fonte]. In Inghilterra Marks&Spencer propone un Panettone fatto con una ricetta un po’ rielaborata da wikipedia Che storia il panettone Veniva consumato durante la cerimonia «del ceppo».

Tra Storia e Leggenda Invenzione di un ex falconiere o di uno squattero? L’origine del dolce di Natale tipico di Milano, tra storia e leggenda Come ogni notte Ugo uscì dalla finestra al freddo di Milano. Con agilità scavalcò la balaustra del balcone e si calò nel giardino. I cani cominciarono ad abbaiare; senza curarsene Ugo corse a perdifiato attraverso tutto il giardino fino ad appiattirsi contro il muro di cinta. Si fermò qualche secondo con il fiato mozzato dalla corsa e dalla paura. I suoi occhi scrutavano nel buio, verso il palazzo, per vedere se qualche finestra si accendeva del debole bagliore delle candele. Tutto tranquillo. I cani cominciarono a calmarsi: anche stanotte, nessuno lo aveva visto uscire. Appigliandosi ad alcuni mattoni disassati, Ugo si issò sopra il muro di cinta che divideva lo splendido palazzo che suo padre, Giacomo degli Atellani, aveva ricevuto in dono da Ludovico il Moro, dai cortili della Milano povera, quella delle botteghe che si affacciavano su Corso Magenta. La luna si nascondeva dietro una coltre di nubi e questo avrebbe coperto la sua corsa attraverso i cortili fino alla bottega di Toni, il panettiere, dove, come ogni notte, avrebbe incontrato la sua Adalgisa. Un amore segreto, osteggiato dalla sua famiglia, lo legava da tempo alla bella figlia del fornaio; ma da un po’ le cose non andavano bene. Adalgisa era sempre stanca, il lavoro era aumentato da quando il garzone di suo padre si era ammalato; avrebbero dovuto smettere di vedersi, perché c’era tanto da impastare, preparare, infornare. Ugo non voleva rinunciare a quegli splendidi occhi per cui avrebbe fatto di tutto e il giorno successivo, con addosso umili abiti, lui, che era il falconiere di Ludovico il Moro, si fece assumere da Toni come nuovo garzone. Nonostante il giovane, ogni notte, si spaccasse la schiena nel retro bottega per preparare il pane, gli affari del negozio continuavano a peggiorare. Una nuova bottega aveva aperto lì accanto e stava portando via tutti i clienti a Toni. Ugo non perse tempo, e con l’incoscienza tipica dei giovani, rubò una splendida coppia di falchi al Moro e li vendette per comprare del burro. La notte, mentre impastava i soliti ingredienti, aggiunse al preparato anche tutto il burro acquistato. Il giorno successivo la bottega fu letteralmente presa d’assalto, si cominciava già a favoleggiare del pane più buono di Milano. Nei giorni successivi altri due falchi vennero sacrificati per l’acquisto di altro burro e di un po’ di zucchero da aggiungere all’impasto del pane. Milano impazziva per il "pane speciale" del Toni. La coda fuori dalla bottega era interminabile e ogni notte bisognava impastare sempre di più. Mentre l’inverno si avvicinava, gli affari miglioravano e Ugo e Adalgisa potevano nuovamente pensare ad un futuro da passare assieme. Sotto le feste di Natale, Ugo diede un ultimo tocco di classe alla ricetta del "pane speciale" e aggiunse uova, pezzetti di cedro candito e uva sultanina. Tutta Milano, in quei giorni prima di Natale, transitò dalla bottega per comprare quello che già tutti chiamavano "pangrande" o "pan del Toni" (da qui il termine panettone), da servire in tavola il giorno di Natale. Toni divenne ricco e i genitori di Ugo non ebbero più da lamentarsi di Adalgisa e così, come ogni storia che si rispetti, i due giovani si sposarono e vissero felici e contenti.

Questa è sicuramente la più nota leggenda che ci racconta della nascita di uno dei più gloriosi prodotti che Milano abbia mai avuto: il panettone. Ma, secondo altri racconti, l’invenzione del panettone avvenne in modo diverso.

Siamo alla corte di Ludovico Sforza e, come ogni Natale, sta per essere servito in tavola, per il signore di Milano e per i suoi magnifici ospiti, un sontuoso banchetto. Il famoso cuoco (la leggenda purtroppo non ce ne tramanda il nome) al servizio di Ludovico, stava facendo in modo che tutto andasse per il verso giusto, dirigendo i suoi numerosi sottoposti, sia ai fornelli che al servizio in tavola. I piatti si susseguivano uno dopo l’altro, con le giuste pause tra le portate, per accompagnare le papille gustative degli ospiti verso il meraviglioso dolce che doveva chiudere una cena così importante. Il cuoco aveva provveduto di persona a curare l’impasto di questo importante dolce, la cui ricetta segreta si tramandava di padre in figlio all’interno della sua famiglia da secoli. Il signore di Milano sarebbe rimasto a bocca aperta davanti a questa meraviglia del palato. Le portate passavano e le cucine risuonavano di urla agitate che coprivano l’acciottolio dei piatti e il tramestio delle pentole; tutti avevano qualcosa da fare e forse, proprio per questo, qualcuno scordò di togliere il dolce dal forno. Verso le ultime portate, il cuoco si accorse che mancava il dolce, ma in forno trovò solo un ammasso bruciacchiato e immangiabile. Le urla e le bestemmie arrivarono fino ai tavoli degli invitati. Era ormai troppo tardi per preparare nuovamente un impasto così elaborato; poco importava chi aveva dimenticato il dolce nel forno, tanto Ludovico se la sarebbe presa con lui e lo avrebbe condannato a morte. Disperato il cuoco si abbandonò su una sedia e cominciò a piangere sommessamente. Toni, un povero sguattero, gli si avvicinò dicendo che aveva tenuto per sé un po’ dell’impasto del dolce perduto a cui si era permesso di aggiungere un po’ di frutta candita, uova, zucchero e uvetta. Voleva farselo cuocere al termine del lavoro per avere qualcosa da mangiare. Se il cuoco voleva poteva portare quel dolce a tavola. Guidato dalla forza della disperazione il cuoco infilò nel forno quella specie di forma di pane. Nonostante il povero aspetto, non avendo più nulla da perdere, il cuoco fece portare il dolce in tavola. Neanche a dirlo, il pan del Toni riscosse un successo strepitoso, tanto che il cuoco fu obbligato a servirlo a tutti i banchetti natalizi degli anni successivi e presto l’usanza si diffuse fra tutta la popolazione.

Un’altra leggenda ancora, racconta invece di suor Ughetta, cuoca di un povero convento, e di come decise di unire i pochi ingredienti rimasti nella cucina del monastero, per regalare alle suo consorelle un Natale un po’ più felice. Prese l’impasto del pane e aggiunse uova e zucchero. In una scansia trovò anche un po’ di canditi e dell’uvetta. Per benedire quel pane natalizio vi tracciò sopra, con il coltello, una croce. Le suore furono entusiaste della sorpresa e presto la notizia del pane del convento si sparse in tutta Milano. I cittadini cominciarono così a fare offerte al convento (che non fu più povero) per portare a casa un po’ di quel pane speciale. La tradizione vuole che in passato il panettone fosse fatto in casa, sotto il controllo del capo famiglia, che al termine della preparazione doveva inciderci sopra una croce con il coltello come benedizione per il nuovo anno. Il dolce doveva essere consumato durante la cerimonia detta del ceppo o del ciocco, durante la quale si accendeva un grosso ceppo di quercia, posato nel camino, sopra un letto di ginepro. Il capo famiglia doveva poi versarsi del vino, berne un sorso e, dopo aver versato un po’ di quello stesso vino sul ceppo acceso, far passare il bicchiere a tutti i membri della famiglia che dovevano berne a loro volta. Il capo famiglia gettava allora una moneta tra le fiamme e poi distribuiva una moneta ad ogni famigliare. Al termine di questo rito gli venivano portati tre panettoni (in antichità erano tre pani di frumento e, con ogni probabilità, la ricetta del panettone deriva da una modifica di quella per fare il pane per la cerimonia del ciocco). Con un grosso coltello il capo famiglia tagliava un pezzo di uno dei panettoni che doveva essere conservato fino al Natale successivo; sembra che il pezzo avesse forti poteri taumaturgici e dovesse assolutamente essere conservato, pena un anno di sfortuna. La credenza è tipicamente pagana, ma stranamente si trova in mezzo ad una cerimonia imbevuta di una potente simbologia cristiana, come ad esempio il ceppo che simboleggia l’albero del bene e del male, il fuoco che rappresenta l’opera di redenzione di Cristo, mentre i tre panettoni il mistero della Trinità. Peccato che oggi non ne resti più traccia.

A presto con il nuovo intervento natalizio!

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Come cambiare lingua al proprio Windows Live Spaces?

Vi è mai successo di ritrovare il vostro Windows Live Spaces in un’altra lingua?
oppure,avete mai pensato come viene visualizzato il Blog da uno straniero?
Quelli che fra poco vi elencherò sono i codici che vi permetteranno di visualizzare un singolo Spaces,oppure tutti gli Spaces che visuelizzerete,in tutte le lingue disponibili.
 
Partiamo dal singolo Spaces.
Per poter visualizzare il proprio Spaces in lingua italiana(nel caso in cui dovesse improvvisamente cambiare lingua) basta aggiungere questo codice alla fine del vostro link: ?mkt=it-it
Di seguito vi propongo le altre lingue disponibili…
 
Inglese: ?mkt=en-us
Cinese Semplificato: ?mkt=zh-cn
Cinese Tradizionale: ?mkt=zh-tw
Danese: ?mkt=da-dk
Olandese: ?mkt=nl-nl
Finlandese: ?mkt=fi-fi
Francese: ?mkt=fr-fr
Tedesco: ?mkt=de-de
Giapponese: ?mkt=ja-jp
Coreano: ?mkt=ko-kr
Norvegese: ?mkt=nb-no
Portoghese: ?mkt=pt-br
Spagnolo: ?mkt=es-us
Svedese:
?mkt=sv-se
 
Per poter visualizzare invece tutti gli spaces che visualizzerete in una lingua in particolare dovete caricare i link che vi posto:
 
Per visualizzare tutti i blog in lingua italiana vai qui:
http://spaces.live.com?mkt=it-it
Per visualizzare tutti i blog in lingua inglese vai qui:
http://spaces.live.com?mkt=en-us
Per visualizzare tutti i blog in lingua cinese semplificato vai qui:
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Per visualizzare tutti i blog in lingua coreano vai qui:
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Per visualizzare tutti i blog in lingua norvegese vai qui:
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Per visualizzare tutti i blog in lingua spagnolo vai qui:
http://spaces.live.com?mkt=es-us
Per visualizzare tutti i blog in lingua svedese vai qui:
http://spaces.live.com?mkt=sv-se
 
Un ultima raccomandazione: i blog verranno visualizzati nella lingua desiderata,ma gli interventi e i commenti restanno invariati,ovvero continuerete a leggerli nella lingua d’origine

Fonte:
http://www.ptkweb.it/blog/spaces/events/guide/trucchi/problemi/cambiare_lingua/classic.php

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Facciamo l’ipotesi di Piero Calamandrei

In seguito alle numerose manifestazioni da parte della maggior parte degli studenti,docenti e disoccupati italiani,mi sembra doveroso riportare un testo di un noto giurista italiano PIERO CALAMANDREI (Firenza, 21 Aprile 1889 – Firenze, 27 Settembre 1956).
 
Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuole fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in un alloggiamento per manipoli; ma vuole istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata.
    Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia perfino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di stato. E magari si danno dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. .
    Il partito dominante, non potendo apertamente trasformare le scuole di stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tenere d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi, ve l’ho già detto: rovinare le scuole di stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico.
(in Scuola Democratica, 20 marzo 1950)
 
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Addio Ludovica

Battipaglia. «Ma che fai, fermati….». Le grida lancinanti della dirimpettaia non fermano Ludovica. Che replica, poco prima di lanciarsi nel vuoto: «La mia vita finisce qui». Si lancia dal balcone della sua stanza e muore poco dopo in ospedale. Ludovica Trippa, di appena 16 anni, si è suicidata ieri pomeriggio gettandosi nel vuoto nel cortiletto della sua abitazione. Un volo di almeno dieci metri e lo schianto sul marciapiede non hanno lasciato scampo alla ragazza. La vicina che per caso è affacciata al balcon mentre Ludovica stava per lanciarsi urla sperando di fermarla. «Ludovica fermati. Non lo fare. Ludovica calmati». Determinata la ragazza si sporge sulla ringhiera e dice: «La mia vita finisce qui».

Attimi di paura e commozione in via Monfalcone, nel cuore della città, dove Ludovica abitava con il padre Francesco Trippa, architetto che in passato ha anche prestato servizio per il Comune di Battipaglia, la mamma Fiorina e il fratellino di dodici anni. Una famiglia modello conosciuta e stimata da tutti piombata all’improvviso nel baratro del dolore inspiegabile. Ieri Ludovica non è andata a scuola, frequentava la terza E del Liceo Scientifico "Enrico Medi".

A pranzo il papà l’ha rimproverata come forse avrebbe fatto qualsiasi genitore esortandola a non fare assenze e null’altro proprio mentre in tutta Italia si susseguono scioperi e occupazioni nelle scuole. Ludovica, una ragazza semplice, senza grilli per la testa e con buoni profitti scolastici ha terminato il pranzo si è chiusa nella sua camera e dopo aver scritto qualche riga ai genitori ha aperto la finestra e si è lanciata nel vuoto. «Scusatemi se vi ho deluso». Scrive ai genitori la ragazza che presa da un momento di disperazione l’ha fatta finita. Un pomeriggio maledetto. Nessuno sente le grida della vicina che continua ad esortare Ludovica a fermarsi, a non gettarsi dal balcone.

Papà Franco è al piano di sotto nel suo studio e mamma Fiorina in cucina a lavare le stoviglie. L’allarme scatta immediatamente. In via Molfacone verso le 14 giungono un’ambulanza e le pattuglie dei carabinieri della compagnia di Battipaglia, agli ordini del capitano Giuseppe Costa. Ludovica è riversa sul marciapiedi in una pozza di sangue con il cranio fracassato. L’urto è troppo violento.

La ragazza viene soccorsa e trasportata con un’ambulanza in ospedale dove qualche minuto dopo è deceduta. In via Monfalcone cala il silenzio. Per strada si radunano tutti gli abitanti e i conoscenti della giovane, di papà Franco e mamma Fiorina. Tutti addolorati e sconcertati. Mentre i carabinieri effettuano i rilievi di routine dinanzi l’abitazione di Ludovica giungono i suoi amici e qualche compagno di scuola. Non sanno ancora che Ludovica non ce l’ha fatta. Visi addolorati e lacrime anche dinanzi il pronto soccorso dell’ospedale Santa Maria della Speranza dove nel frattempo sono giunti i compagni di scuola della ragazza. Dell’episodio è stata informata la procura della Repubblica di Salerno.

Fonte Il Mattino

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Roma. 29/10/2008 Decreto e poi scontri.

Come ormai tutti sappiamo,il decreto Gelmini(approvato dalla Camera il 9 ottobre)è diventato legge il 29 ottobre del 2008 con 162 voti a favore e 134 contro.
"La scuola cambia. Si torna alla scuola della serieta’, del merito e dell’educazione" queste sono state le prime parole del ministro Gelmini.
Il presidente del Consiglio invece sostiene che molti ragazzi siano ingannati dalla sinistra ”Bene, è stato un voto che è andato come è logico che andasse: spiace solo vedere tanti ragazzi ingannati e presi in giro dalla sinistra”.
Veltroni non si arrende "Abbiamo deciso di promuove un referendum abrogativo della parte più estesa possibile del decreto Gelmini…Stiamo studiando il quesito, che verrà presentato nei prossimi giorni…Con la raccolta della firme vogliamo promuovere un appello a tutte forze del mondo della scuola e del mondo politico per la costituzione in ogni città di comitati che facciano vivere il referendum come un grande referendum della società civile".
Sempre nella giornata di ieri si sono verificati degli scontri a piazza Navona,tra studenti di sinistra (che stanno manifestando pacificamente ogni giorno) e studenti del blocco studentesco(coloro che rappresentano la "Nuova Destra"). Verso mezzogiorno il corteo dei ragazzi di sinistra viene fermato dalla polizia,poco prima di accedere a Piazza Navona. Successivamente cambiano idea e lì in piazza ad aspettarli c’era un camion con una ventina di studenti armati di mazze e muniti di caschi. Ormai lo scontro era inevitabile e per picchiarsi hanno utilizzato anche sedie e tavolini dei bar circostanti. Lo scontro è durato soli 3 minuti,ma sembravano davvero interminabili anche perchè qualcuno è rimasto ferito. La polizia in un primo momento è rimasta a guardare e solo dopo è intervenuta,fermando i manifestanti più violenti. Alla fine sono state arrestate 2 persone (rilasciate proprio questa mattina),una della sinistra(34) e l’altra del Blocco Studentesco(19).
Adesso rimane da spiegare:
– perchè mai il Blocco Studentesco ha attaccato i manifestanti,se anche loro sono contrari alla Riforma Gelmini?
– come è entrato un camion a Piazza Navona (che è una zona pedonale)?
– come mai nessuno si è accorto che il camion era pieno di mazze?
– perchè la polizia non è intervenuta subito,ancora prima che iniziasse lo scontro?

 Questo video credo che sia la risposta a tutte le nostre domande.  Studente Sospetto

Si vede chiaramente un ragazzo del blocco studentesco che ha l’aria di essere un infiltrato,un complice della Polizia.Questo spiegherebbe come ha fatto ad entratre un camion del genere in una zona pedonale,spiega anche il mancato intervento immediato da parte delle forze dell’ordine,ma anche l’attacco del Blocco Studentesco sui manifestanti. A questo punto è inevitabile chiedersi:
– ma erano davvero studenti,oppure, come li definisce Grillo,provocatori…mandati appositamente lì per dar vita al disordine totale
– e se così fosse…chi ha interesse a far apparire agli occhi di tutti gi italiani,che questi studenti(ultimamente associati alla "Sinistra")creano solo danni e disagi?

Detto questo vi lascio la testimonianza di alcuni uomini presenti quel giorno a Piazza Navona

       

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Legge 133

Per tutti coloro che vogliono interessarsi a ciò che sta
succedendo all’Università Italiana. 

Il nuovo governo, approfittando dell’estate, ha
approvato il 25 giugno con la fiducia un decreto (poi legge
133) che modifica profondamente la struttura
dell’università:
1. Ci sarà un taglio di 500 milioni di euro in 3 anni alle
università e per alcuni atenei questo potrebbe significare
la chiusura.
Altrimenti:
2. Con il nuovo decreto le università pubbliche potranno
scegliere se diventare fondazioni private o meno.
 
PERCHÈ DOVREBBERO DIVENTARE FONDAZIONI PRIVATE?
3.Per riuscire a finanziarsi aumentando le tasse agli
studenti, che non avrebbero più un limite di legge. Le
tasse infatti potrebbero aumentare a dismisura, anche
raggiungendo i 6-7000 euro l’anno, sul modello delle
università americane.
Inoltre le fondazioni verrebbero finanziate da enti
privati, come ad esempio le industrie farmaceutiche (forse
le sole a poterselo permettere), e tali enti finirebbero per
tagliare le gambe a tutti quei settori universitari e di
ricerca che non rientrano nei loro interessi.
Ma soprattutto sarebbero le ricerche a venir danneggiate
pesantemente, non più spinte dal puro interesse culturale e
sociale, ma dai fondi messi a disposizione e dalle
commissioni dirette degli enti stessi!!

 
E IL FUTURO?
 
4. Università di serie A e di serie B in base alle
disponibilità economiche degli studenti, quindi titoli di
studio dal differente peso e possibile perdita del valore
legale di questi.
 
I collettivi dei vari atenei organizzeranno assemblee per
approfondire le conseguenze dei cambiamenti in atto, portati
avanti da governi sia di destra che di sinistra di anno in
anno, che minacciano quella che DOVREBBE ESSERE una
UNIVERSITÀ LIBERA E PUBBLICA.
Gli studenti, i ricercatori e i professori si stanno già
muovendo e alcuni corsi di quest’anno non partono per protesta,
ma un fatto così grave è ancora poco conosciuto.
Infatti il problema più grave è che nessuno sa niente, i
media non ne hanno parlato, se non per screditare a titolo
di ‘minoranza’ chiunque abbia protestato contro
questo assurdo disegno di legge!
Dobbiamo riuscire a bypassare il muro dei giornalisti e
delle televisioni controllate da questo governo (maggioranza
+ opposizione, sia chiaro!!) per far sapere, perché tutto
questo non passi indifferente!!
 
AIUTACI! L’UNIVERSITÀ NON È SOLO DEGLI STUDENTI MA DI TUTTI!!!!

DOCUMENTO UFFICIALE: il decreto legge 112/08 articolo 16
Gazzetta Ufficiale (
http://www.camera.it/parlam/leggi/decreti/08112d.htm )

Il decreto è già stato pubblicato da più di un mese
sulla Gazzetta Ufficiale quindi È GIÀ LEGGE!
 

Questa non è una protesta politica ma nell’interesse
di tutti! Aiutaci a mobilitare tutti perché questa legge
potrebbe cambiare irrevocabilmente l’aspetto
dell’istruzione italiana e quindi del paese. 

Per ulteriori informazioni : http://www.studentidisinistra.org/content/view/487/1

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Le Sei e Ventisei – Cesare Cremonini

Il 26 settembre esce "Il Primo Bacio Sulla Luna" il quarto album(considerando anche il LIVE) da solista di Cesare Cremonini. Da quella data le radio ci hanno deliziato con il suo nuovo singolo "Le sei e ventisei". Il cantautore bolognese ha deciso di dare questo titolo,proprio perchè la canzone è stata realizzata alle 6:26…il video è ambientato a Parigi e…meglio non anticipare nient’altro questo è il testo,mentre in alto potete vedere il video,che vi resterà fino all’uscita del nuovo singolo
 
Le Sei e Ventisei – Cesare Cremonini
 
Le sei e ventisei ci sono notti in cui non sai dormire
e più lo chiami e più Morfeo ti dice: "Non ce n’è!"
Scendere per strada in cerca di una birra e poi trovarsi
a raccontare a una puttana tutti i tuoi perché…
Non pensavo di esser stato divertente invece guarda
come ride, sembra anche felice, molto più di me.
Ma se ti piace nascere al tramonto puoi dormire insieme a me.

Guarda un po’ dove ti porta la vita!
In questa notte sbagliata la birra è finita si
ma tu puoi essere mia amica?
Ci penserò magari tutta la vita!

Se Dio sapesse di te sarebbe al tuo fianco.
Direbbe: "Son io! Quel pittore son io!"
Facendosi bello per te.
Ma è troppo occupato a dipingere nuvole in cielo
per badare anche me..

L’asfalto mentre corri sembra un fiume verso il mare
il panorama se ti volti è spazio e tu sei l’astronave.
Perderti nei vicoli, domani non svegliateci
c’è la luna da esplorare, la stella polare dov’è?
Poi sentirsi liberi, prigionieri e simili.
Torneremo liberi! Ma liberi da che?

Se ti piace nascere al tramonto puoi dormire
Se ti piace nascere al tramonto puoi dormire
Se ti piace nascere al tramonto puoi dormire insieme a me.

Se Dio sapesse di te sarebbe al tuo fianco.
Direbbe: "Son io! Quel pittore son io!"
Facendosi bello per te.
Ma è troppo occupato a far piovere il cielo
dare vita a uno stagno e forza all’oceano
ed io come un vecchio scienziato
l’ho scoperto.
L’ho scoperto.

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